Ma a Roma falciare un prato è una notizia?

L’installazione del nuovo impianto semaforico, il completamento del tratto di pista ciclopedonale, la strada asfaltata, l’aiuola pulita e gli alberi potati.
Eccola, sebbene in sintesi, la comunicazione della Capitale ai tempi dei 5 Stelle. Una sorta di lista della spesa, quella che viene stilata dalla maggior parte degli amministratori capitolini, puntuale e corretta dove non mancano però le sottolineature come l’uso della parola “rivoluzione” riferita ad una strada asfaltata o passaggi tipo “il sentiero che farà risplendere di nuova luce il litorale” quando si parla della pulizia di siepi, arbusti e piste ciclabili.

Sia chiaro: nulla che non sia vero e nulla che non sia più che legittimo comunicare. È solo questione di punti di vista. Ma è innegabile che questa sorta di bollettino quotidiano, che viaggia fra social e agenzie stampa, riferito all’amministrazione della Capitale d’Italia, possa lasciare in qualche caso interdetti.

Non perché non sia giusto, da parte di chi amministra la città, rendere conto anche della toppa stradale: ma questa lista dettagliata dovrebbe ad onor del vero rientrare nell’ordinaria amministrazione di chi una volta eletto dovrebbe occuparsi di pulire, aggiustare e asfaltare. Senza troppa enfasi.

A quanto pare, però, a Roma non è cambiata solo l’aria, ma sono saltate anche le logiche della comunicazione tra amministratori pubblici e cittadini. E la casalinga di Voghera, anzi, di Montesacro, rischia di ritrovarsi a vestire i panni di un moderno Ernesto Guevara de noantri. Un vanto, per alcuni. Un po’ limitante, per altri.

Rimane, comunque la si voglia pensare, che in tutto ciò si corre comunque un rischio: quello di ritrovarsi prima o poi tutti a rimpiangere gli annunci sui megaprogetti culturali e infrastrutturali dei sindaci che hanno preceduto la Raggi.

Quelli di Rutelli sulla realizzazione dell’Auditorium o quelli che precedettero la realizzazione del nuovo porto turistico di Roma, tanto per fare un esempio. Ma anche quelli di Veltroni sul rifacimento dell’Ara Pacis. Quelli per l’apertura della Galleria Giovanni XXIII, sul taglio del nastro del Macro o sull’apertura dei Musei Capitolini. Di questo passo si rimpiangeranno i sogni africani di Veltroni, i primi viaggi ad Auschwitz delle scolaresche romane, la passeggiata pedonale ai Fori Imperiali di Marino.

Perché diciamolo: Roma è pur sempre Roma. Con tutte le sue toppe e le sue buche ha bisogno anche di sognare in grande. E prima o poi se lo ricorderanno anche i suoi cittadini. E a quel punto l’ordinaria amministrazione dell’amministrazione grillina sì che starà stretta alla più straordinaria delle città, che dall’alto dei suoi 2770 anni di storia è ancora, secondo alcuni, offesa per il fatto di non essere stata considerata in grado di ospitare le Olimpiadi.

[La foto, Tramonto al Vaticano, è di Giovanni Racca, è stata scattata il 5 aprile 2013 e diffusa con licenza creative commons]

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