Ostia, un’ordinanza scritta sulla sabbia

La settimana scorsa, sulla spiaggia di Ostia, sono tornati i fagottari. Quelli reali, che arrivano col trenino della Roma-Lido per passare una giornata in riva al mare, e quelli cinematografici evocati in Domenica D’Agosto e poi in una lunga serie di commedie.
La stagione balneare è cominciata il primo maggio, e con essa le polemiche, in parte un po’ pretestuose, che hanno preso a bersaglio la sindaca Virginia Raggi, per la sua prima ordinanza di balneazione.

Le questioni sono tre. La prima riguarda il divieto di mettere asciugamani, ombrelloni e sdraio in un tratto di cinque metri dalla battigia, divieto peraltro già stabilito negli anni precedenti. La seconda è quella del divieto di mangiare all’interno delle cabine degli stabilimenti, una novità, in effetti. La terza questione è relativa alla spiaggia libera di Castelporziano, e di altri arenili, che potranno essere aperte alla balneazione anche senza la presenza di bagnini.

A fare titolo e scandalo, ovviamente, la cosiddetta norma anti-fagottari. Che però, a ben guardare, è una sciocchezza. L’ordinanza infatti vieta di usare le cabine per mangiare (e fare ogni altra cosa tranne cambiarsi d’abito). Mentre nessuno vieta di mangiare sotto l’ombrellone o comunque sulla spiaggia. Quindi, tranquilli: continueremo a consumare i pasti, portandoceli da casa o acquistandoli fuori dallo stabilimento, senza nessun problema, anche davanti alla cabina. E poi, i fagottari non sono quelli che affittano le cabine. Al massimo prendono un ombrellone (e oggi, più spesso, un lettino il più vicino possibile alla battiglia).

La questione del tratto di spiaggia vietato agli asciugamani è seria e contraddittoria insieme. Da una parte il Campidoglio, negli ultimi anni, ha fatto una battaglia anche legale per aprire varchi di accesso libero alla spiaggia, dall’altra però impedisce di potersi sistemare in riva al mare. Al massimo si può camminare o buttarsi in acqua. E invece viene disattesa una norma di 10 anni fa che chiede ai Comuni di realizzare un piano spiagge, evitando che siano tutte occupate da stabilimenti o comunque utilizzate a fini commerciali.

Infine, i bagnini. Tutti a prendersela con la Raggi perché consentirebbe di far correre un pericolo ai bagnanti senza disporre un servizio di salvataggio. Quello che non si dice, però, è che la gara che il X Municipio (quello di Ostia) aveva organizzato è andata deserta. Perché? Ufficialmente per mancanza di società interessate a un compenso, 200.000 euro, ritenuto troppo esiguo. Ma il municipio è commissariato da un anno e mezzo per infiltrazioni della criminalità organizzate, e le spiagge, anche quelle “libere” sono state in questi anni al centro di speculazioni, incendi, atti di corruzione. Per una decina il Comune ha recuperato la gestione diretta. Quindi, è possibile anche che si sia trattato di un boicottaggio vero e proprio.

Intanto il Comune si è accordato con alcuni concessionari di stabilimenti o capanni attigui per garantire la pulizia e il salvataggio di arenili liberi. E i volontari della Scuola Italiani cani Salvataggio hanno assicurato la propria presenza, anche se sarà limitata (e comunque rimborsata). Ma in ogni caso il Comune può aprire una nuova selezione e ricorrere alla chiamata diretta. Nell’ordinanza della sindaca, non a caso è scritto “nelle more (cioè nell’intervallo di tempo) dell’espletamento delle procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione dei servizi connessi alla balneazione su tutte le spiagge del litorale lidense”.

 

[La foto, diffusa in Creative Commons, è di Brunifia, ed è stata scattata a Ostia il 24 aprile 2014]

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