Faccio politica perché a Roma si vive male

Cinquant’anni fa qualcuno ha detto che non si può pensare di “fare il proprio dovere” senza interessarsi di politica. E che non si può parlare di politica sporca e ladra, salvo poi fare di tutto (anzi, non fare niente) affinché i delinquenti possano continuare a vivere indisturbati tra di noi.

Ecco, se dovessi provare ad aggiornare il concetto ai giorni nostri, per spiegare le ragioni per cui ho accettato, insieme a Silvana Meli, di essere il nuovo co-portavoce dei Verdi romani,  in quelle due frasi cambierei solo questo: che non si può pensare di “vivere bene”, senza interessarsi di politica.

La cosiddetta globalizzazione, la crescita esponenziale del progresso tecnologico, l’aumentare delle disuguaglianze, il consumo irragionevole delle risorse del pianeta, hanno cambiato i termini del problema. Senza evocare scenari apocalittici, credo si possa sostenere che, nella nostra epoca, una scelta sbagliata può avere conseguenze irreversibili, ed incidere direttamente nella nostra vita quotidiana, molto più che nel passato.

Ed ecco perché interessarsi di politica, fare politica, riguarda la nostra routine molto più che il nostro senso del dovere.

Una volta potevamo ancora chiederci, in termini astratti, che cosa fosse giusto fare. Si poteva uscire di casa e scegliere se impiegare il pomeriggio ad impartire ripetizioni di italiano in una borgata oppure passarlo a picchettare un’ambasciata. E il giorno dopo andare a scuola o al lavoro e cercare di costruire, nel frattempo, la nostra stabilità di vita, un onesto stare a galla, indipendentemente da come sarebbe andata a finire la guerra in Vietnam.

Oggi non è più così. Ci mettiamo più di un’ora per andare da un capo all’altro della città. I servizi sono inadeguati. Respiriamo un’aria maleodorante e nociva. Abbiamo consumato il territorio e l’economia non è ripartita. Criminalità e corruzione pesano sui bilanci pubblici e minacciano la nostra salute e la nostra sicurezza. Al contempo non se ne può più di sentire, ogni volta che qualcosa non funziona, che “il problema è che non ci sono i fondi”.

Si vive male qui a Roma, e questo non accade indipendentemente da quello che succede in Siria, negli Stati Uniti o nella foresta amazzonica o nel resto del mondo.

Come abbiamo scritto nella mozione approvata a Roma lo scorso 29 gennaio, “Ricucire Roma”, l’aria della città rende liberi; ma se quell’aria diventa irrespirabile, e le sue strade non promettono più una vita migliore, alla libertà si preferisce la fuga. E se anche la fuga diventa impossibile, vince la rassegnazione, la rabbia o l’alienazione.

Per questo, oggi, interessarsi di politica significa cercare di vivere bene. Forse noi Verdi lo abbiamo capito con un po’ di ritardo, ma per la nostra rivoluzione ecologica, un autobus che arriva sempre in orario, un asilo che funziona bene, una piazza pedonalizzata, sono preziosi come un parco pubblico ben tenuto.

Per questo i Verdi vogliono ripartire anche da Roma, pur stretti tra la disaffezione dei cittadini, le comode risposte populiste e le astratte dichiarazioni di principio di una socialdemocrazia sbiadita, che nei fatti è abbracciata ad un modello economico insostenibile, sempre più parte del problema piuttosto che della soluzione.

Nella nostra città le questioni aperte sono tantissime, quasi impossibile toccarle tutte in questa breve riflessione. Certo è che il nostro impegno, qui a Roma, dovrà ricucire tre grandi “strappi” nel tessuto sociale, muoversi su tre direttrici.

Ricostruire la macchina amministrativa, inefficiente e contaminata dal malaffare.

Ricostruire materialmente la città: strade, case, trasporti, verde pubblico, spazi per la socialità e per lo sviluppo sostenibile dell’economia, con uno sforzo in particolare per la riconquista del nostro litorale, nell’unico municipio ancora commissariato per mafia.

Ricostruire la dignità ed il senso di cittadinanza dei romani, ricordando che Roma è di tutti ed è da sempre luogo di incontro e dialogo tra le culture.

Questa è la nostra lotta per la qualità della vita a Roma. Una battaglia che porterò avanti con lo stesso entusiasmo e con lo stesso spirito polemico con cui ho cercato, in questi anni da avvocato e attivista, di aiutare i cittadini a difendersi dall’inefficienza, dall’inerzia e dai paradossi della pubblica amministrazione. Vincerla non sarà facile, anzi, sarà difficilissimo, ma sono gli amori impossibili a durare per tutta la vita.

[La foto, Piazza del Popolo, è di Jacques Leblue; è stata scattata nel 2013 e diffusa con licenza Creative Commons]