I colori fanno tutto bello. Anche a Roma

Per la gioia dei supporter di Tiger, che sono più numerosi di quanto pensassi, in via Cavour sta aprendo un nuovo negozio della catena danese.
E’ immaginabile che appena aprirà i battenti registrerà il solito successo degli altri (in totale sono quasi 600 in almeno 26 paesi, a Roma almeno 12), invasi da gente di tutte le età, ma soprattutto giovani, affascinati da oggetti colorati allegramente inutili.
Più inutili probabilmente dei prodotti di Ikea – a cui Tiger è stato già paragonato – ma ovviamente dipende dai gusti, e dalla capacità di spesa. Per i ragazzini e gli adolescenti, con pochi soldi in tasca, sembra l’ideale.
“Quando vado in un discount mi sento povero, quando vado da Tiger mi sento milionario”, ha detto qualche mese fa un anonimo cliente britannico al quotidiano Evening Standard.
L’inventore della formula si chiama Lennart Lajboschitz, e secondo lui quello che sta facendo Tiger è “trasformare prodotti functional in prodotti emotional”. Detto così, sembra chissà che, ma è in fondo una filosofia ricorrente dei marchi di successo. E L’Italia, a giudicare dal numero di negozi aperti (pari a quello degli store in Danimarca) sembra aver già tributato il successo di Lajboschitz.
Le cose a poco prezzo si possono comprare anche nei negozi “Tutto a un euro” (a proposito: “Tutta Neuro”, recita un adesivo su un semaforo vicino alla scuola dei miei figli) o nei casalinghi gestiti da cinesi. Ma da Tiger tutto sembra più bello, fondamentalmente perché è colorato (pur se sospetto che le merci siano prodotte nello stesso posto, cioè in Cina).
In fondo, è la stessa ragione per la quale, secoli fa, gli olandesi si imposero sul mercato dei tessuti grazie non alla qualità, ma al marketing, alle cosiddette “allegre pannine d’Olanda”, allegre appunto perché colorate.